Ho sempre amato il lavoro fotografico di Koudelka perché è inscindibile dall’uomo Josef Koudelka. Nato negli anni trenta del ‘900 la sua storia si lega ad una generazione fortunata di fotografi che ha potuto dedicarsi a leggere il mondo attraverso un certo tipo di fotografia che banalmente potremmo dire di reportage. In realtà la fotografia di Koudelka ha poco a che vedere con questa o altre classificazioni stereotipe. Il suo occhio preciso e tagliente ci fornisce delle immagini sempre ben composte d’argomenti interessanti, anche quando si tratta di autoritratti o di oggetti di proprietà del fotografo, aventi un’intensità emotiva unica. Quando lo scoprii, attraverso la pubblicazione “I Grandi Fotografi” della Fabbri Editore all’inizio degli anni ’80, rimasi immediatamente affascinato dalle sue fotografie che mi sembravano andare oltre ciò che raffiguravano per la loro intensità e precisione compositiva. Molte venivano dai paesi dell’est ed essendo Koudelka cecoslovacco di nascita la sua fotografia fu immediatamente associata da me ad un mondo diverso dal mio che sembrava parlarmi una lingua affascinante. Non dimentichiamoci che la guerra fredda imperversava e dei paesi dell’est si sentiva parlare esclusivamente come un blocco unico quasi indifferenziato. Tuttavia oggi continuo ad amare il suo lavoro: è cambiata la geografia dell’Europa ma non l’intensità delle sue fotografie che ritrovo anche in lavori recenti. Il suo fotografare i muri oggi in medioriente è sicuramente legato alla sua storia personale di esiliato in occidente dopo i fatti di Praga del ’68. Chissà cosa cerca Kuodelka in questi muri che ricorrono costantemente nelle sue fotografie al posto delle geografie umane di un tempo. Mi piacerebbe chiederglielo personalmente perché li c’è la chiave di tutto il suo girare per il mondo secondo me.
Oggi che la fotografia è esplosa in mille rivoli disordinati chi tende a darsi un argomento da fotografare imitando quelle epoche passate di cui le fotografie di Koudelka ci parlano, non può essere che banale in quanto ciò è reazione allo scompiglio meditata a tavolino. L’intensità delle fotografie di Koudelka invece deriva dall’aver colto in pieno quella possibilità rispetto alla sua epoca e in questo senso, pur amandole, possiamo storicizzarle.
Darsi un argine oggi è impossibile, i muri in Europa sono ormai caduti, rimangono solo quelli che abbiamo nella testa: questa la vera sfida odierna che pochi fotografi vogliono affrontare. Meglio per molti rifugiarsi nella banalità seriale della fotografia artistica decisa a tavolino, anziché andare per il mondo.