Perché amo il negativo fotografico

Sarebbe bello se veramente fosse vero che, come comunemente si dice, le fotografie sono nel computer. In realtà le così dette fotografie digitali non stanno in nessun luogo. Filosoficamente parlando si è sempre distinto tra l’immagine e il supporto che la sorregge. Però poi, senza quel supporto, l’immagine non riesce a concretizzarsi e risulta sfuggevole anzi inesistente: è solo un fantasma. Il negativo invece mi garantisce che la mia fotografia esiste. Pensateci bene, questa garanzia il computer o la memoria della macchina fotografica non ve la da.  Anzi vi induce a fare continui backups per non perdere i vostri dati. È paradossale cercare di salvare qualcosa che non ha esistenza fisica. Anche i pensieri sono percepiti da noi come slegati da un supporto e infatti è stata inventata la scrittura per materializzarli e organizzarli ma poi la sensazione è che i pensieri siano nella testa quando pensiamo. Le fotografie digitali, invece, occupano un non luogo e sono un nulla fintanto che non le stampate. Sono come certe allucinazioni, ci sono ma non ci sono. Anzi non ci sono ma pretendono di esserci. Poi amo il negativo anche per ragioni estetiche: quando lo guardo, con i suoi grigi o strani colori arancio, mi da  da pensare. La fotografia nella memoria del computer no, non la vedo e quando la vedo,  appare su uno schermo che può anche mostrarmi qualcos’altro. Il negativo invece altro non può essere che il supporto che fisicamente ha registrato la fotografia e come tale diviene oggetto del mio pensiero, un pensare che io amo, anche perché posso toccarlo con le mani. Provate a toccare le fotografie digitali, non vi sentite frustrati per la loro inesistenza?

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